Sieropositivi in Thailandia: infezioni in crescita!

In Thailandia dal 1984 al 2012 le persone che hanno contratto Hiv sono più di un milione.
Sia a Pattaya che a Phuket per prevenire la diffusione dell’HIV/AIDS tra i “lavoratori del sesso” si cerca di fare prevenzione. Alle ragazze dei bar viene raccomandato di portare sempre con se almeno due preservativi e di rifiutare categoricamente rapporti sessuali non protetti.

Intanto la notizia sta iniziando a diffondersi negli ambienti specialistici, ed è incoraggiante: pare che il vaccino protettivo nei confronti del virus HIV, responsabile della temibile sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), stia cominciando a dare i suoi frutti. La sperimentazione di questo nuovo vaccino, promossa dal colosso farmaceutico Sanofi-Pasteur, sta avendo luogo nelle zone ad alto tasso di rischio contagio della Thailandia. Questa regione spicca infatti tristemente nelle statistiche per l’alto numero di persone infettate dal virus: si parla, nel 2012, del 2% della popolazione adulta (15-49 anni) positiva al contagio, per un totale numerico di circa seicentomila individui. La preoccupazione maggiore è data dal trend in continuo aumento, dato in controtendenza rispetto alle regioni africane storicamente al vertice di ammalati che invece, negli ultimi mesi, sta registrando per la prima volta nella storia un calo di contagi per anno anzichè un aumento.

Perchè la Thailandia?
Ciò che va innanzitutto analizzato è il motivo per cui la Thailandia sia così flagellata dal fenomeno AIDS, pur essendo un Paese che si sta modernizzando a un ritmo sorprendente (basti pensare alla metropolitana Bangkok, con i suoi grattacieli). Questa nazione, purtroppo, è ancora il baluardo del turismo sessuale, nonostante gli sforzi della comunità internazionale per ridurre questo triste fenomeno che spesso coinvolge anche minori, e che per l’appunto contribuisce in maniera pesante alla diffusione in generale delle malattie sessualmente trasmissibili ed in particolare dell’AIDS. Tutto ha avuto inizio nel periodo della guerra del Vietnam, quando frotte di militari americani si riversavano nel paese durante le licenze, in cerca, per così dire, di svago e compagnia femminile. Da quel momento il business della prostituzione non ha più conosciuto fine: le ragazze (note in tutto il mondo per bellezza e leggiadria) vengono adescate dai “”manager”” nei villaggi e nelle provincie, con la promessa di far loro guadagnare tanti soldi da poter poi spedire a casa. E una volta risucchiate nel giro, solo alcune riescono ad uscirne, la maggior parte rimane a fare numero in uno dei tantissimi bordelli della regione.
Non è tutto: anche il consumo di droga, specialmente per via iniettiva, è un fenomeno che sta prendendo piede in modo preoccupante, con le note conseguenze in caso di scambio di siringhe infette. In ultimo, molto va imputato anche alla vasta diffusione del sesso anale, che aumenta esponenzialmente il rischio di contagio per entrambi i partner.
La zona più colpita dalla pandemia è la regione del Nord, in particolare la provincia di Chiang Rai, tanto bella per i suoi panorami quanto infausta nella condizione: qui, il tasso di contagiati arriva persino al 10% per poco più di un milione di abitanti. In aumento è anche il numero di bambini che nascono già portatori del virus, poichè a causa della scarsa cultura in tal senso la profilassi per le future madri è assai poco diffusa.

La sperimentazione del vaccino
Per tutte le motivazioni appena descritte, quando Sanofi-Pasteur ha avviato la terza fase di sperimentazione del vaccino anti-HIV, quella sull’uomo, la Thailandia è subito saltata agli occhi del comitato etico come la miglior candidata per ospitare il trial: infatti, per motivi etici, la popolazione sulla quale si testa un vaccino come questo deve esserne obbligatoriamente una futura eventuale beneficiaria.
Ci si potrebbe chiedere perchè dopo più di vent’anni di ricerca spasmodica sia così difficile mettere a punto un vaccino efficace per l’AIDS, e la motivazione è che il virus HIV ha una caratteristica rara e, per lui, molto vantaggiosa: la capacità di mutare i suoi antigeni di superficie (piccole proteine caratterizzanti che vengono esposte sulla capsula del virus per le interazioni) in continuazione. Generalmente, proprio queste proteine sono i target sui quali vengono costruiti i vaccini, ma in questo caso, con la continua mutazione, il virus è sempre riuscito a sfuggire ai tentativi. L’unica arma a disposizione dunque, fin’ora, sono i farmaci che frenano l’evoluzione della malattia, che vengono somministrati tipicamente in pesanti cocktail di antiretrovirali.
L’idea nata nella mente degli sperimentatori, tuttavia, pare sia semplice e al contempo geniale: combinare due vaccini per un’azione contemporanea ed efficace. I due farmaci sono Alvac HIV della Sanofi-Pasteur ed Aidsvax della VaxGen, e sono stati sperimentati su circa 16.500 volontari eterosessuali sani, senza particolari rischi di esposizione al virus. A distanza di circa tre anni (i primi passi sono stati mossi nel 2009), il rischio sulla popolazione campione sembra essersi ridotto di oltre il 30%. Un risultato “”modesto””, come viene descritto nelle pubblicazioni, ma sicuramente un primo importante passo in un cammino che per così tanto tempo ha stentato ad avviarsi.
Il futuro? Sicuramente una continua implementazione di ciò che in questo studio thailandese ha avuto successo, e la determinazione a inquadrare finalmente un vaccino, per poter proteggere chi rischia ogni giorno, suo malgrado, di diventare l’ennesima vittima inconsapevole dell’AIDS.